LA NOSTRA STORIA
L’emozione che oggi suscita la vista dal Cavazzone è la stessa che suscitò al Barone Raimondo Franchetti nel lontano 1878. Banchiere, agricoltore, imprenditore, bonificatore e benefattore, Franchetti arrivò a Reggio da Venezia. Rimase affascinato da questi luoghi e in breve tempo divenne proprietario di circa 3000 ettari di terreno nei comuni di Albinea, Viano e Vezzano. Eseguì importanti lavori di bonifica, dissodamento, messa a coltura della parte boschiva e sistemazione della strada e vi costruì l’imponente Corte con tutti i servizi, le scuderie, molte case coloniche e, per i figli dei mezzadri, l’Asilo Aziendale.
Per la moglie Sara Luisa Rotschild, fece costruire uno chalet in un particolare stile nordico, copia di un padiglione dell’Esposizione Universale di Parigi del 1878. Negli anni fra i due secoli, il Cavazzone divenne luogo di frequentazioni celebri, uno dei salotti di incontro dell’aristocrazia illuminata e della borghesia industriale della città.
Il figlio del barone, Alberto Franchetti, musicista e compositore, era solito trascorrervi lunghi periodi durante la composizione o la rappresentazione delle sue opere liriche al Teatro Municipale di Reggio. Amico di Puccini, Mascagni, Giordano, Illica, Ricordi, li ebbe spesso ospiti al Cavazzone.
Le sue opere più importanti, dirette da Toscanini e cantate da Caruso furono Germania e Cristoforo Colombo.
Il suo primo figlio, Raimondo, fu l’ultimo importante esploratore italiano. Nel 1928 esplorò la Dancalia Etiopica. Donò al museo di Reggio Emilia tutti i suoi reperti Africani. Per approfondimenti https://associazionealbertofranchetti.com/.
Nel 1919 Eugenio Terrachini, prestigiosa figura del mondo imprenditoriale della città, acquistò la parte centrale della proprietà dagli eredi del barone e negli anni fra le due guerre vi fece trasferire il “Belvedere“, il gazebo in ferro e ghisa che il barone Franchetti aveva nel parco della sua villa di Reggio a Santo Stefano e dal quale soleva ammirare il “suo” Cavazzone. Oggi il Belvedere è un po’ il simbolo di questa parte del territorio collinare reggiano ed un gioiello di architettura salvato, grazie a questo trasferimento, da sicuro abbandono e distruzione.
Negli anni del dopoguerra l’azienda, sotto la guida di Paolo, figlio di Eugenio, fu più volte ammodernata per adeguarsi alle esigenze di una agricoltura fortemente sollecitata dalle richieste dei nuovi mercati. È di quegli anni la meccanizzazione della lavorazione dei campi, la costruzione di moderni allevamenti e la trasformazione del vecchio granaio in un moderno mangimificio. Nella prima metà degli anni ’80 Giovanni Sidoli, nipote di Paolo Terrachini, subentra nella gestione dell’azienda. Tra le innovazioni introdotte, partendo da un nucleo iniziale di barili provenienti dalle antiche acetaie delle famiglie Terrachini e Sidoli, “avvia” in un vecchio fienile una Acetaia dove, negli oltre 200 barili di legni diversi e pregiati, sono custodite la tradizione, il sapore e il profumo di questo nettare così strettamente legato alla cultura del territorio reggiano.
Nei primi anni Duemila, con la trasformazione di una parte dell’antica Corte in Azienda Agrituristica inizia una nuova storia: una vecchia stalla, con le suggestive volte a botte e le colonne in ghisa, è trasformata in una accogliente ed attrezzata sala convegni; un’altra stalla in un prestigioso ristorante dove poter riscoprire i sapori antichi della cucina reggiana. Le vecchie case mezzadrili vengono trasformate in suites che coniugano egregiamente lo charme del passato con il comfort delle moderne esigenze. Un’altra stalla è predisposta per poter ospitare mostre ed eventi.
Per arricchire le esperienze degli ospiti del Cavazzone, sono stati ricreati alcuni ambienti dedicati ai mestieri che caratterizzorono l’Azienda Agricola fino alla metà del secolo scorso: il percorso museale del Cavazzone, porterà a scoprire come avveniva la produzione del Parmigiano-Reggiano, del burro, del vino, la conservazione dei cibi nella ghiacciaia e altri momenti della vita quotidiana di un tempo il cui ricordo vive in queste stanze e negli oggetti esposti.
Gli occhi e l’anima del visitatore sono immediatamente catturati dal paesaggio circostante, dall’atmosfera dolce e selvaggia di queste colline, dagli intensi colori e profumi. E la mente corre affascinata all’armoniosa eleganza degli antichi luoghi conservati intatti e gelosamente custoditi insieme alla storia che di essi è l’essenza.